In
1) alcuni detenuti, dopo un corso di formazione, sono stati ammessi al lavoro esterno come giardinieri e bibliotecari presso strutture pubbliche del quartiere;
2) sono maturate esperienze artistiche ed espressive di rilievo, come il laboratorio teatrale curato da Patrizia De Libero e il laboratorio di murales a cura del maestro Cini;
3) si sono sviluppate forme di autoimprenditorialità artigianale come la produzione di bambole a cura dell’associazione Pantagruel (nella foto), e l’officina di riparazione delle biciclette a cura della cooperativa Ulisse (vedi pagina 5);
4) è stata aperta in via Attavante una struttura di supporto per i detenuti in semilibertà.
Questo e molto altro ancora. Tutte iniziative importanti, che hanno lasciato un segno positivo, ma che certo non intaccano la sostanza di una condizione penitenziaria resa insopportabile dal sovraffollamento (i detenuti sono circa il doppio rispetto a quanto previsto nella progettazione originaria: 980 persone + 5 bambini piccoli) e dalla caduta di tensione dello spirito riformatore che aveva portato alla legge Gozzini.